La spesa militare … ignorata

Nel precedente Governo è stato votato un provvedimento di indirizzo che prevedeva la necessità che l’Italia rispetti l’impegno assunto a livello internazionale in sede NATO: quello di aumentare la spesa militare dall’attuale 1,4% fino ad un importo pari al 2% del PIL nazionale.

In pratica quasi un raddoppio delle spese militari nei prossimi sette anni: una previsione di spesa insostenibile quanto folle. Sulla proiezione di aumento, stando alle stime ufficiali della Difesa, si tratterrebbe di altri 16 miliardi annui, che  sommati ai 25 attuali farebbero 41 miliardi all’anno: 100 milioni al giorno.
Una spesa che certamente produrrà ulteriori tagli sulle pensioni, sulla sanità, sull’istruzione, sui servizi sociali, sulla cultura, ecc.

La spesa italiana per la difesa crescerà anche nel 2018: il 4% in più rispetto al 2017.

Ciò nonostante il nuovo governo, che si dice del cambiamento, nel primo provvedimento in commissione speciale alla Camera, relazione Crippa (5 Stelle), definisce “congrua” la spesa stanziata di 760 milioni per l’acquisto di droni: spesa contestata al governo precedente. 

La richiesta, che arriva dalla NATO, per la quale l’Italia dovrà aumentare le spese militari fino al 2% del PIL, ribadita anche da Trump a Gentiloni, è tuttora un accordo politico del tutto informale, assolutamente non vincolante senza l’approvazione del Parlamento italiano. 

Va considerato che molti dei Paesi europei spendeno molto meno del 2%: la Germania 1,2%, come la Spagna e l’Olanda.  La Grecia spende oltre il 2,5% del Pil (obbligata dagli accordi internazionali di “salvataggio”) ma sappiamo in quale drammatica situazione economica si trovi il governo di Atene.

Una drastica riduzione delle spese militari dovrebbe essere il primo obiettivo per il “cambiamento” che vorrebbe perseguire il nuovo governo, il quale si sta affannando nella ricerca di soldi: porre limiti alle pensioni d’oro, abbattere i privilegi dei parlamentari, tutte azioni sacrosante che tuttavia producono “miseria”; piuttosto che imperversare sui migranti tagliando brutalmente i fondi per la solidarietà.

In Italia si spende molto in armamenti “tradizionali” a partire dagli F-35 che costano 14 miliardi oltre ai costi per la loro manutenzione; la nuova flotta navale che costa circa 5,4 miliardi; gli 800 nuovi carri armati per una spesa di oltre 5 miliardi.

Senza ignorare che grandissima parte della spesa, circa il 60%, cioè 12 miliardi di euro all’anno, è destinata al personale.

Comunque un incremento, tra il 2015 e il 2016, di oltre il 10% di spesa pone l’Italia ai vertici tra Paesi non solo Europei: Germania +3%, Gran Bretagna +0,7%, Francia +0,6, Stati Uniti  +1,7%, Russia +5,9%, Cina +5,4%.

Oggi è possibile ripensare ad una difesa più razionale a partire dal ridiscutere il ruolo dell’Italia nella NATO, prospettando la costruzione di un unico esercito europeo al servizio del diritto internazionale, con funzioni di polizia per pacificare i confini del Vecchio continente e per fare dell’Europa una potenza di pace.

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