Ripensare l’acqua: 27 tesi

Ripensare l’acqua significa liberare il futuro dell’umanità dalle catene della disuguaglianza e dell’ingiustizia; tutelarla dalla guerra per l’acqua; liberare il futuro della vita dalle catene della dominazione predatoria dei vecchi e nuovi “signori dell’acqua”, già all’opera in tutto il mondo; preservare questo pianeta dal furto della vita rappresentato dall’impoverimento e dall’esclusione di alcuni; sprigionare la forza creativa dell’utopia, farla uscire dalla prigione del pragmatismo, realismo e cinismo dei ceti dominanti.

Tesi 1. L’acqua è un elemento naturale indispensabile e insostituibile per tutte le forme di vita (esseri umani, microbi, vegetali e animali). L’acqua è vita. E deve essere vissuta, salvaguardata, protetta in quanto tale. La vita ha un valore assoluto per sé. Ciò significa che quando si entra nel campo dei diritti non bisogna parlare solo di diritto umano all’acqua, ma anche del diritto dell’acqua alla sua rigenerazione, alla sua integrità, alla sua buona qualità. Essa è fonte di vita, ma anche di malattia, calamità, disastri ambientali, morte, oggi più di ieri, per cause di natura umana.

Tesi 2. Nessuna forma di vita può fare a meno dell’acqua. La vita sulla Terra è iniziata con l’acqua, nell’acqua sono nati i primi organismi e solo in seguito sono riusciti a svilupparsi al di fuori. A livello umano, il suo utilizzo non è una questione di scelta o preferenza a seconda delle esigenze individuali o del cambiamento degli stili di vita, ma una necessità vitale da soddisfare con giustizia e in maniera responsabile. L’acqua non è né può essere considerata una merce, una “risorsa”/cosa che si vende e acquista, un bene di proprietà privata. Qualunque Stato intergovernativo o organizzazione politica internazionale che riconosca o tratti l’acqua (e i servizi idrici) come un bene di proprietà privata, non rispetta l’acqua in quanto vita. Il diritto alla proprietà privata e pubblica esiste ma, nel caso dell’acqua, nessuno puo’ considerarsi il proprietario, nemmeno lo Stato. Lo Stato ne è il responsabile, il garante della sua esistenza. Il fatto che la Costituzione del Cile, ereditata dal regime dittatoriale di Pinochet e ancora in vigore, afferma che l’acqua cilena è di proprietà privata, rappresenta un caso unico al mondo, inaccettabile.

Tesi 3. Tutti gli esseri umani e le altre specie viventi hanno diritto all’acqua in quantità e qualità sufficienti per la vita. Allo stesso modo, e al di là di qualsiasi approccio antropocentrico e tecno-produttivista, l‘acqua ha i suoi diritti alla vita, ad un suo buono stato ecologico. Da qui l’importanza fondamentale di una politica idrica di salvaguardia, cura e difesa della vita e del diritto alla vita, al di là delle concezioni strumentali dell’acqua al servizio del benessere umano. Esempio: il trattamento delle acque reflue è d’importanza fondamentale non solo per consentire agli esseri umani di ri-catturare una “buona” acqua rigenerata per i loro bisogni, ma anche per rinnovare la vita degli ecosistemi. Pertanto, gli investimenti collettivi nel trattamento delle acque/servizi igienico-sanitari devono essere pubblici e, se in caso eccezionale e provvisorio dovesse essere coinvolto il capitale privato, occorre garantire che le priorità d’investimento nei diversi settori di trattamento e riciclaggio non siano definite in funzione dei rendimenti finanziari sul capitale e del principio “chi inquina paga” perché, in tal caso, l’obbedienza al principio di redditività porterebbe a favorire il trattamento e il riciclo di usi più inquinanti dell’acqua, il che è incompatibile con il principio di vita.

Tesi 4. Il principio “chi inquina paga” imposto e applicato all’acqua dalla fine degli anni ’80 deve essere rivisto. L’esperienza dimostra che è inefficiente, inadeguato e mistificante. I danni agli esseri umani e agli ecosistemi sono diventati, negli ultimi decenni e nella maggior parte dei casi, più irreversibili e irreparabili o richiedenti lunghi periodi di trattamento e costi considerevoli. In queste condizioni, imporre un risarcimento finanziario mirato a riparare inquinamenti delle acque irreparabili ha poco senso. Come sappiamo da anni, la migliore soluzione tecnica contro l‘inquinameno è non inquinare. Ad ogni modo , occorre imporre il rispetto rigoroso del principio di precauzione.

Tesi 5. Il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari è stato riconosciuto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 28 luglio 2010 e consolidato dalla risoluzione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite del 15 settembre 2010. Essa ha allegato il diritto all’acqua al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR). Qualsiasi inosservanza della risoluzione ONU costituisce una violazione del diritto pubblico internazionale in vigore. È altresì necessario denunciare il comportamento degli Stati membri delle Nazioni Unite che hanno votato contro la risoluzione (formalmente astenuti) e che da allora hanno sistematicamente cercato, spesso con successo, di impedire l’esistenza di tale diritto in ogni nuovo documento delle Nazioni Unite. Proponiamo che il 28 luglio venga dichiarato “la giornata del diritto all’acqua”, in sostituzione della Giornata Mondiale dell’acqua che cade ogni 22 marzo, stabilita nel 1993 sotto la pressione della Banca Mondiale. La giornata del 22 marzo si sta sempre più trasformando nella giornata di esaltazione e di valorizzazione dei noti principi alla base della visione e della politica dell’acqua dei gruppi dominanti quali: l’acqua è un bene economico, privato; una risorsa/merce sottomessa a rivalità ed esclusione; è accessibile ad un prezzo di mercato abbordabile; la gestione privata all’insegna dell’efficienza e del rendimento è la gestione ottimale della risorsa. Tutto questo è intollerabile.

Tesi 6. Vi sono inevitabili differenze nelle disposizioni e modalità organizzative con le quali le società umane concretizzano il diritto all’acqua. In generale, gli Stati firmatari delle convenzioni sui diritti umani hanno il triplice obbligo di rispettare, proteggere e realizzare il diritto all’acqua e ai servizi igienico-sanitari. In questo contesto, il diritto umano all’acqua significa l’obbligo da parte degli Stati di creare le condizioni necessarie e indispensabili affinché ogni essere umano possa disporre di 50 litri di acqua “buona” al giorno, in accordo con le raccomandazioni formulate dall’OMS e dall’UNICEF. Inoltre, in conformità con la risoluzione 70/169 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 17 dicembre 2015, l’accesso alle infrastrutture e servizi igienico-sanitarie deve essere considerato un diritto umano distinto da quello all’acqua potabile. Esso si riferisce al diritto di poter accedere a strutture che garantiscano una buona raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento o riutilizzo di escrementi umani. Ricordiamo che secondo i dati ufficiali dell’ONU, più di 2,6 miliardi di persone non hanno accesso a servizi igienici sicuri e adatti all’uomo. I dai relativi all’acqua potabile sono piuttosto controversi perché derivati da metodi di calcolo differenti. Secondo l’ONU le persone non aventi accesso nel 2016 al diritto all’acqua si sarebbeo ridotte a meno di 1,2 miliardi . Secondo lo studio pubblicato in Science News nel 2016 sarebbero 4 miliardi.

Tesi 7. Il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari non può essere oggetto di restrizioni di alcun tipo: nessuno può esserne privato per “ragioni” di nazionalità, razza, sesso, religione, reddito. La maggior parte dei paesi non rispetta tale diritto né a livello legislativo né, a giudicare dalle politiche attuate, a livello dei comportamenti collettivi. Il diritto all’acqua e ai servizi igienici deve essere incluso nelle carte costituzionali di tutti gli Stati e regolato da leggi ad hoc (federali, nazionali, regionali, o a livello di comunità organizzata).
Lo stesso vale per il diritto dell’acqua alla vita, ad un buon stato ecologico. Gli Stati devono avere il coraggio e la saggezza di prendere le misure appropriate per dare valore guridico al diritto dell’acqua alla vita. Devono seguire il percorso iniziato in tre Stati del mondo dove quattro fiumi sono stati riconosciuti dalle più alte istituzioni legislative e giurisdizionali di detti Stati come persone fisiche o entità morali dotate di personalità giuridica con pienezza di diritti e di doveri. Quel che è particolamente interessante nella costruzione del nuovo diritto operata da questi Stati – e che conforta le tesi qui esposte – è il fatto che le decisioni prese affidano allo Stato l’obbligo di rappresentare la salvaguardia dei diritti e degli interessi dei fiumi in quanto persone giuridiche, cosi come quello di ottemperare ai loro doveri. Non si tratta di « umanizzare la natura » ma di attribuire uno statuto giuridico alle specie viventi non umane e, a tal fine, dare forma e sostanza ai nuovi soggetti di diritto.
Ci riferiamo alla Colombia, dove il 2 maggio 2017 la Corte Costituzionale riconosce che il bacino del fiume Atrato è un « soggetto di diritto » (persona giuridica morale) ed impone allo Stato di proteggere e far rivivere il fiume ed i suoi affluenti, dando allo Stato 6 mesi per sciogliere le attività minerarie inquinanti, bonificare il territorio e indennizzare le comunità etniche indigene dei danni provocati dallo sfruttamento non sostenibile del bacino; alla Nuova Zelanda, dove sempre nel maggio 2017, il parlamento ha riconosciuto come persona giuridica il fiume Whanganui, considerato peraltro sacro dalle popolazioni indigene dei Maori; all’India dove, nuovamene in nel maggio del 2017, la Corte suprema dello Stato himalayano di Uttarakhand ha attribuito lo statuto di personalità giuridica al Gange ed al suo prinipale affluente, lo Yamuna, entrambi considerati sacri dagli indù.

Tesi 8. In linea con quanto precede, lo Stato, gli Stati debbono assumersi la responsabilità – per il bene del popolo, dei popoli – di realizzare il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienici, garantendo la copertura di tutti i costi monetari (e non) associati  alla  corretta  concretizzazione  del  diritto,  Nel  contesto  dell’economia pubblica dei diritti umani, la gratutità non significa l’assenza di costi da coprire, ma la loro assunzione da parte della comunità attraverso una tassazione generale progressiva e redistributiva. È il caso degli ingenti costi del diritto alla sicurezza: la spesa militare è a carico dello Stato. Fin dagli anni ’80, però, i nostri dirigenti hanno optato nel caso dell’acqua in favore del finanziamento tramite il prezzo pagato dal consumatore, come per qualsiasi altro bene e servizio commercial e industriale privato. Il principio “l’acqua paga l’acqua“, come abbiamo già visto per quello di “chi inquina paga” non è una soluzione. Negli ultimi trent’anni, dappertutto dove è stato applicato, ha dimostrato solamente di essere capace di garantire alti profitti al capitale privato (in Italia, solo nel periodo ha distribuito più di in dividendi!), ingrossando il costo delle bollette ai consumatori e deteriorando le finanze degli enti locali, senza però migliorare il sevizio idrico e metterlo in conformità alle regole relative alla qualità delle acque ed al trattamento e riciclo delle acque reflue. Una politica integrata e coerente delle acque, in tutte le sue interrelazioni con l’alimentazione, la salute, l’alloggio, la città, la protezione ed i diritti della natura a livello “locale”, nazionale e “continentale/globale” non può essere lasciata alle logiche della finanza privata mondiale. La politica dell’acqua è compito e dovere delle comunità politiche e dei poteri pubblici.

Tesi 9. Il principio del diritto all’acqua per la vita “accessibile a un prezzo abbordabile”” è una mistificazione perché, oltre l’inaccettabile tesi sull’obbligo del “consumatore” di “pagare il diritto” all’acqua, stabilisce legalmente che l’accessibilità è determinata dai criteri di rendimento finanziario stabiliti dai mercati. Mistificazione anche per quanto riguarda la “tariffa sociale dell’acqua” (il “social water pricing”) per persone, famiglie e categorie definite “svantaggiate”, povere, incapaci di pagare le bollette e quindi a rischio di taglio d’acqua. Qui la mistificazione è ancora più grave: le nostre società si arrogano il potere di lasciare in balia del mercato l’accesso all’acqua, e costringono le persone povere a pagare un prezzo, seppure simbolico. In altre parole, le autorità pubbliche si vantano di agire nell’ambito dell’assistenza sociale e non nel quadro della sicurezza dei diritti. I diritti non sono rispettati quando si fa la carità.

Tesi 10. La monetizzazione della natura (nature pricing, nature banking), ovvero la misura in termini monetari dei cosiddetti costi e benefici ambientali di qualsiasi elemento vivente (inclusi gli ecosistemi acquatici), esplicitamente approvato nella risoluzione finale del 3° Summit della Terra a Rio de Janeiro (2012), è pienamente in linea con la logica della mercificazione, della privatizzazione e della finanziarizzazione della vita. Questo principio deve essere contestato con convinzione perché rappresenta un inaccettabile passo in avanti verso la sottomissione del destino dell’acqua e della vita ai predatori della nostra esistenza. Lo stesso vale per il futuro della democrazia e della giustizia.

Tesi 11. Il diritto umano universale all’acqua per la vita deve essere garantito e assicurato secondo il concetto di pluridimensionalità dei diritti. Ciò si traduce in un sistema di regolazione della disponibilità ed utilizzo all’acqua a quattro livelli:

  • il livello del diritto, fino a 50 litri per persona al giorno. Qui i relativi costi sono sostenuti dalla comunità tramite tassazion A tal fine, è necessario abolire i paradisi fiscali, mettere fine ai tagli delle spese pubbliche e ai sussidi alle società private attive nel mercato azionario, procedere alla ri-municipalizzazione delle casse di risparmio e delle banche di credito locali, alla creazione di un’autorità pubblica della sicurezza idrica;
  • il livello di benessere sociale basato sulla sicurezza idrica delle comunità umane e di tutti i popoli, tra 50 e 120 litri al giorno per person Qui le autorità pubbliche possono chiedere ad ogni cittadino di contribuire a finanziare i costi della conservazione dell’acqua pagando una tassa annuale fissa (la tassa sulla responsabilità idrica);
  • il livello di benessere individuale, tra 120 e 250 litri al giorno e per person Qui, nel caso di una quantità significativa di acqua individuale il cui impatto sull’ambiente e sullo stile di vita deve essere rigorosamente controllato, i cittadini devono contribuire attraverso un’imposta progressiva il cui scopo sarà, tra l’altro, di aumentare la consapevolezza della necessità di uno stile di vita sobrio, rispettoso degli imperativi ambientali e della pacifica convivenza;
  • il livello di uso insostenibile per un utilizzo superiore ai 250 litri al giorno per person Si tratta di un utilizzo nocivo ai corpi idrici e al corretto funzionamento dei bacini idrici. Occorre abbandonare il principio “chi inquina paga” e adottare quello del divieto. Anche se uno paga, non si deve consentire di compromettere l’integrità dell’acqua e la sua rigenerazione (vedi anche tesi 4).

Tesi 12. Conformemente ai concetti e alle pratiche consolidate nel tempo in tutte le società, si propone di rispettare la seguente gerarchia riguardante gli usi dell’acqua:

  • usi domestici (acqua potabile, igiene, cibo, salute);
  • usi in agricoltura, principalmente irrigazione e bestiame;
  • attività industriali, inclusa la produzione di energia;
  • attività terziarie, in particolare il turismo.

Tesi 13. In caso di “stress idrico” – secondo l’ONU è la situazione in cui una comunità umana possiede meno di 1000 metri cubi all’anno per persona tutti usi considerati – la soluzione non deriverà principalmente dall’utilizzo di tecnologie volte ad aumentare l’offerta di acqua disponibile e accessibile. Per fare degli esempi: il miglioramento della produttività dell’acqua in agricoltura, la riduzione delle perdite e degli sprechi nelle reti, la desalinizzazione acqua di mare, la produzione di acqua mediante la cattura di umidità su larga scala, il trasporto di acqua su lunghe distanze. La soluzione non risiede nelle tecniche di gestione capitalista come quella insita nel prezzo di consumo d’acqua, nelle banche idriche, nei mercati dell’acqua, nella coca-colizzazione dell’acqua e nell’uso massiccio di acqua in bottiglia. Tutto ciò ha ampiamente dimostrato di essere insufficiente e, persino, di condurre a risultati apparentemente non voluti come l’accentuazione delle ineguaglianze di fronte a situazioni di “stress idrico” tra categorie sociali, comunità locali e priorità negli usi.

Tesi 14. Lo stesso vale In caso di “scarsità d’acqua” (definita come una situazione in cui una comunità umana dispone di meno di 500 metri cubi all’anno per persona): la monetizzazione e la bancarizzazione delle risorse idriche sono strumenti inventati dai gruppi sociali dominanti nel sistema economico e politico, consentendo loro di avere accesso all’acqua rara/rarefatta per soddisfare esclusivamente i propri bisogni vitali ed interessi di potere.

Tesi 15. Le soluzioni devono provenire essenzialmente da un cambiamento radicale nel modo di pensare l’acqua, secondo le linee esaminate e proposte in questo lavoro, in particolare secondo i tre principi generali sopramenzionati:

  • l’acqua per la vita deve essere riconosciuta e trattata come un bene comune pubblico globale;
  • la disponibilità e l’accesso/uso all’acqua devono essere considerati e concretamente realizzati come un diritto universale per tutte le specie viventi della Te
  • l’acqua, in quanto tale, deve godere di suoi propri diritti.

A tal fine , le autorità pubbliche, a tutti i livelli, devono garantire e assicurare l’impiego delle risorse comuni dello Stato, monetarie e non monetarie, per finanziare gli investimenti necessari. Investimenti per la sicurezza di vita e la salute di tutti i membri delle comunità umane e degli abitanti della Terra (le altre specie viventi incluse);

Tesi 16. Qualsiasi utilizzo dell’acqua, secondo le priorità di cui sopra, deve essere rispettoso dei principi della sostenibilità della vita (rigenerazione), della responsabilità collettiva e individuale/comunitaria, della giustizia sociale e uguaglianza in relazione ai diritti, della democrazia partecipativa efficace, della sobrietà e della precauzione.

Tesi 17. Più specificamente, l’acqua di irrigazione per la produzione agricola, l’esportazione e gli usi alimentari dei consumatori delle classi sociali ricche non può essere una priorità, come invece accade oggi. Allo stesso modo, non può essere prioritario l’uso dell’acqua per coltivare la terra per la produzione di energia tra l’altro destinata al trasporto stradale. C’è un urgente bisogno di ricostruire una bio- agricoltura che valorizzi localmente e in maniera sostenibile il capitale della terra e dell’acqua per i bisogni vitali delle popolazioni, nel quadro di un sistema di cooperazione, scambio e condivisione.

Tesi 18. Lo stesso principio deve essere applicato alla costruzione delle dighe finalizzate alla produzione di acqua per l’irrigazione e la generazione di energia elettrica per le industrie mineraria, agroalimentare e chimica, o per le attività militari. È inaccettabile che centinaia di milioni di persone in Africa, America Latina e Asia non abbiano accesso all’elettricità, mentre le “loro” terre e le “loro” acque rappresentano le principali fonti di produzione elettrica nel mondo.

Tesi 19. Sulla base del principio della sovranità dello Stato, spesso definita sovranità nazionale, gli Stati attuali non accettano l’idea che le acque sul loro territorio debbano essere salvaguardate e valorizzate per il rispetto della vita di tutti gli abitanti della Terra ed i loro diritti. Questo comportamento si traduce nell’incapacità di concepire una politica globale cooperativa e solidale dell’acqua nel contesto, per esempio, dei dibattiti e delle scelte relative alle strategie di “lotta” contro il cambiamento climatico. E ciò anche se tutti convengono che le conseguenze più drammatiche per gli esseri umani del disastro climatico in corso riguarderanno l’acqua, la sua disponibiità e qualità. In queste condizioni, sarà estremamente difficile realizzare una politica di lotta al cambiamento climatico, alla devastazione della vita sul Pianeta e una politica dell’acqua cooperativa e solidale se

  • non si fa uscire dal mercato e dalle logiche della finanza mondiale privata l’acqua e gli altri beni essenziali ed insostituibili alla vita come le sementi, le energie rinnovabili, la conoscenza, e
  • non si libera l’organizzazione delle comunità umane – da quelle locali a quelle mondiali – dall’imprigionamento rappresentato dal principio della sovranità nazionale assolut

Tesi 20. Di fronte alla crescente scarsità di acqua buona, il concetto di sicurezza dell’acqua, pensato e difeso dagli Stati, è finito per riflettere quello della sicurezza nazionale. E così anche il cibo, l’energia e la sicurezza economica: è urgente e indispensabile eliminare i profondi ostacoli imposti da tale visione della sicurezza, progettandone e promuovendone una collettiva globale. A tal fine, si propone di costituire un Consiglio di sicurezza per i Beni Comuni globali, a partire dall’acqua, dai semi e dalle conoscenze.

Tesi 21. Nel contesto dell’attuale inuguale e predatoria globalizzazione economica dove il potere politico effettivo non è più appannaggio delle istituzioni politiche pubbliche “nazionali” né internazionali, l’approccio multilaterale interstatale alla politica idrica è diventato manifestamente inadeguato e inappropriato. Esempio emblematico: il World Water Forum, un’organizzazione privata guidata da potenti interessi industriali, commerciali e finanziari, ha sostituito l’ONU, con l’accordo e la complicità degli Stati, nel ruolo di principale agorà mondiale di dibattito e di proposte in materia di politica dell’acqua. È necessario che le Nazioni Unite recuperino il loro ruolo di soggetto pubblico mondiale e che modifichino profondamente il Global Compact, firmato nel 2000 insieme alle società multinazionali e multiutilities private.

Tesi 22. Che si chiami Autorità Mondiale o Consiglio di Sicurezza Mondiale oppure l’Agorà planetaria o qualsiasi altra cosa, è urgente istituire un sistema planetario plurale e partecipativo di condivisione e partenariato pubblico in materia di politica idrica, nelle prospettive più ampie riguardante l’acqua, le sementi e la conoscenza esplicitate nella tesi 20. Il compito di tale sistema sarà triplice: legislativo, programmatico e giudiziario. Le sue capacità e risorse verranno messe in atto gradualmente. Il sistema dovrà contribuire a un governo pubblico mondiale della vita sulla Terra nel nome dell’umanità e della comunità globale di vita.

Tesi 23. Gli esperimenti in corso nell’ambito della cooperazione intergovernativa per le acque transnazionali e interregionali – si pensi alle dozzine di organizzazioni sui bacini fluviali di tutto il mondo – sono di grande utilità per definire le possibili configurazioni istituzionali citate. Per divenire stabili, le configurazioni dovranno rispettare l’esistenza della vita nella sua integrità e globalità, valorizzando la complementarità tra le autonomie delle varie entità del sistema messe al servizio dell’obiettivo della promozione della sicurezza collettiva globale, transnazionale.

Tesi 24. Un ruolo importante nella ricerca e nell’attuazione della regolazione politica, economica e sociale dell’acqua a livello mondiale deve essere svolto dalle città, in particolare dalle grandi metropoli multi-milionarie dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia. Nel 2050, secondo una ricerca pubblicata su Nature Sustainability (febbraio 2018), gli abitanti di circa 300 città, fra le 482 più popolose del mondo, non avranno accesso all’acqua potabile e ai servizi sanitari di base. È uno scenario assurdo. Le nostre società non possono non reagire con forza. E’ loro dovere attuare un piano d’azione glocale, locale e globale, chiamato Urban Water 2020-2050, in quanto la proposta del piano dovrebbe essere lanciata nel 2020 da una rete di città in occasione dell’Agora degli Abitanti della Terra Urban Water 2020-2050. Un’agenda per l’acqua per celebrare degnamente il decimo anniversario del riconoscimento del diritto universale all’acqua da parte dell’ONU.

Tesi 25. In questo contesto, e in riferimento all’acqua potabile, è essenziale contrastare la tendenza emersa negli ultimi vent’anni a sostituire, per bere, l’acqua del rubinetto con quella minerale o di sorgente in bottiglia. La pubblicità aggressiva e fuorviante è riuscita a far credere che l’acqua in bottiglia sia di migliore qualità per la salute rispetto a quella del rubinetto, il che è totalmente falso. Solo l’acqua del rubinetto è potabile per definizione, in quanto trattata secondo secondo i criteri definiti dalle autorità pubbliche.
Le acque minerali naturali imbottigliate, invece, non sono trattate per soddisfare i criteri di potabilità poiché la loro struttura biochimica è permanente: devono essere imbottigliate esattamente come quando sono state prelevate dalla fonte. Unica modifica possibile: l’aggiunta di anidride carbonica. Bere acqua in bottiglia non fa male, ma un suo uso quotidiano, specie della stessa marca, necessita un controlli medico. Da quando anche le acque minerali naturali e quelle di sorgente hanno cominciato ad essere (ingiustificatamente) privatizzate – tramite concessioni di sfruttamento a lungo termine per un canone annuale irrisorio – il loro “valore commerciale” ha raggiunto livelli altissimi costano da 200 a 1000 volte di più dell’acqua potabile. Risultato? L’acqua potabile viene utilizzata in casa e nei luoghi pubblici più per scopi poco nobili (la toilette, le docce, le lavatrici, il lavaggio delle auto). Una situazione inaccettabile, causata da una pura strategia orientata al profitto, consentita dalle autorità pubbliche anche a scapito delle finanze delle comunità locali. Eppure, segni di inversione di tendenza sembrano manifestarsi. È tempo di nazionalizzare e ri-municipalizzare le acque minerali naturali e privilegiare l’uso di acqua di rubinetto, a casa e nei luoghi pubblici.

Tesi 26. La questione dell’acqua virtuale ha suscitato importanti riflessioni e dibattiti. Per acqua virtuale s’intende l’acqua necessaria per produrre un bene o servizio che diventa virtuale per l’acquirente o l’utente che risparmia cosi di utilizzare direttamente l’acqua incorporata nel bene o servizio comprato, potendo invece utilizzarla per produrre altri beni servizi o per altri scopi. Il concetto di acqua virtuale è stato pensato soprattutto come strumento per facilitare il confronto tra usi alternativi dell’acqua e quindi promuovere una politica d’uso delle acque più sostenibile e sobria (in termini di conservazione, protezione di qualità dell’acqua, obiettivi ambientali, cooperazione tra i popoli). In realtà, il concetto è stato catturato e monopolizzato da criteri commerciali e di rendimento finanziario. Questi hanno ridotto la questione ad un problema di analisi comparativa dei costi e benefici monetari tra la produzione diretta o l’acquisto/importazione di beni e servizi in funzione del valore commerciale e del rendimento finanziario dell’acqua utilizzata. Un vero peccato. Spetta alle entità locali e regionali legiferare in questo settore.

Tesi 27. L’acqua, come la terra, i semi, le piante, gli animali, gli esseri umani, fa parte della grande comunità della vita sulla Terra. A questa corrisponde un universo multiplo e complesso di funzioni, diritti, responsabilità a tutti i livelli territoriali. In una prospettiva umana, i principi unificanti consentono a questo universo di “vivere bene” senza frequenti rotture “esistenziali” e senza conflitti distruttivi quando il suo operato è ispirato e guidato da principi di complementarietà, cooperazione, sicurezza comune, condivisione, solidarietà, tolleranza, non violenza, libertà comune. In altre parole, non affida il futuro del mondo e della vita sulla Terra ai meccanismi di rivalità e di esclusione, alle logiche di dominio e di predazione, ai processi di appropriazione/esproprio oligarchico al servizio degli interessi dei pochi. Pertanto, l’acqua e il diritto alla vita devono essere liberati dalla morsa mortale della potenza speculativa, dell’imprigionamento del rigetto e dell’odio verso l’altro alimentato dai sovranismi assoluti detti “nazionali”.

Frasi
  • L’acqua è vita.
  • L’acqua non è una merce, che si vende e si acquista, un bene di proprietà   privata.
  • Tutti gli esseri umani e le altre specie viventi hanno diritto all’acqua in quantità e qualità sufficienti per la vita.
  • Il principio “chi inquina paga” è inefficiente, inadeguato e mistificante.
  • Il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari non può essere oggetto di restrizioni di alcun tipo: nessuno può esserne privato per “ragioni” di nazionalità, razza, sesso, religione, reddito. 

Riccardo Petrella
(petrella.riccardo@gmail.com)

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