Bombe all’Arabia Saudita

Armi-ArabiaIl Parlamento non blocca l’export, che oggi è già sei volte quello del primo semestre 2016

Nei primi sei mesi del 2017, il valore delle esportazioni di armi prodotte a Cagliari dalla RWM ha sfiorato 30 milioni di euro. Nel frattempo, Montecitorio respinge lo stop all’invio di nuovi ordigni al Paese impegnato nei bombardamenti sullo Yemen

L’export italiano di armi verso l’Arabia Saudita cresce senza sosta. Nei primi sei mesi del 2017 ha già raggiunto quota 28,4 milioni euro. Moltiplicando per sei il fatturato dello stesso periodo del 2016.
Lo rivelano i dati Istat, attraverso i quali si può ricostruire la provenienza territoriale degli ordini. La quasi totalità delle spedizioni verso il regime (28.460.488 milioni di euro) proviene dalla Sardegna, e più precisamente dalla provincia di Cagliari. A Domusnovas, infatti, si trova la sede secondaria della RWM Italia Spa, controllata al 100% dalla tedesca Rheinmetall Waffe Munition GmbH, impegnata in una maxi commessa da 411 milioni di euro che riguarda l’esportazione di 19.675 bombe in totale (Mk 82, Mk 83 ed Mk 84). “La più grande commessa di bombe dal dopoguerra ad oggi”, spiega Giorgio Beretta, attivista di Rete Disarmo e Opal Brescia.

L’Arabia Saudita, impegnata nei bombardamenti sullo Yemen, è un partner commerciale storico di RWM. “La strategia commerciale sviluppata da RWM Italia Spa nel 2016 ha portato a continuare a perseguire gli obiettivi commerciali già intrapresi negli anni precedenti”, si legge nel bilancio 2016. Tra questi Estonia, Francia, Regno Unito, Polonia, Ungheria, Corea del Sud e Vietnam, Tailandia, Malesia, Singapore, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Algeria, Oman. E, ovviamente, Arabia Saudita.

Il 2016 è stato un anno d’oro per la fabbrica d’armi. Il fatturato è cresciuto del 48%, sfiorando 72 milioni di euro. “Il mix di prodotti fabbricati nel 2016 è sostanzialmente rappresentato da bombe d’aereo, caricamenti con esplosivo di teste in guerra per terzi e parti di ricambio e apparecchiature per sistemi di mine marine e di controminamento”.

Si tratta di bombe e munizioni che vengono impiegate anche in Yemen, dove il governo di Riyad – a guida di una coalizione di Paesi arabi – supporta il governo di Aden contro i sostenitori dell’ex presidente ‘Ali ‘Abd Allah Saleh che controllano invece la capitala Sana’a.
Il conflitto in Yemen ha provocato più di 10mila morti, un terzo delle quali sarebbero vittime civili, con un numero altissimo di bambini (più di 1.500).

I dati sul boom dell’export italiano di armi verso Riyad e quelli sul bilancio di RWM arrivano a pochi giorni di distanza dalla votazione della Camera con cui la maggioranza dei deputati ha bocciato le due risoluzioni presentate e discusse già a luglio che chiedevano al Governo di impegnarsi per bloccare la vendita di armi all’Arabia Saudita promosse rispettivamente da Giulio Marcon (Pd) e da Emanuela Corda (M5s).

La mozione Marcon (che ha ottenuto 120 voti a favore e 301 contrari) chiedeva al Governo di “assumere iniziative per bloccare l’esportazione di armi e articoli correlati prodotti in Italia o che transitino per l’Italia” destinati all’Arabia saudita oltre che “ad assumere iniziative affinché l’Arabia Saudita e l’Iran, Paesi che rappresentano la chiave di volta per risolvere la crisi, operino in modo pragmatico e in buona fede per porre fine ai combattimenti nello Yemen”.

Simili le richieste al Governo della mozione Corda, che ha ottenuto 117 voti a favore e 301 contrari.
Promosse invece le mozioni presentate all’ultimo minuto, poco prima del dibattito parlamentare e del voto finale, da Lia Quartapelle (Pd), Valentina Vezzali (Sc, Ala, Maie) e Bruno Archi (Fi).

Nel leggere i testi delle mozioni approvate quello che colpisce maggiormente è lo scarto tra la gravità dei contenuti nelle premesse e le deboli conclusioni contenute nelle richieste al Governo.

Le premesse sono molto chiare, il Parlamento ha tutte le informazioni adeguate per prendere una decisione conseguente. Però questo passo, l’interruzione della vendita di armi all’Arabia Saudita, non viene fatto. E nel frattempo la gente continua a morire”, commenta Francesco Vignarca, portavoce di Rete italiana per il disarmo.

Nel testo depositato dal Partito democratico – pur evidenziando in maniera precisa e circostanziata la gravità della situazione in Yemen – le sole richieste presentate al Governo sono quelle di “continuare nel monitoraggio della crisi umanitaria in corso”, l’impegno a proseguire e rafforzare le attività di assistenza umanitaria, l’impegno a “promuovere iniziative internazionali volte a fare rispettare il diritto internazionale umanitario e i diritti umani e a favorire le condizioni per una soluzione negoziata del conflitto”. Di armi si parla solo nell’ultimo punto, peraltro in maniera molto vaga: “Favorire, nell’ambito delle regolari consultazioni dell’Unione europea una linea di azione condivisa in materia di esportazione di materiali di armamento”. È stata “dimenticata” una parte votata a Strasburgo dal Parlamento europeo, come ha fatto notare Beretta: e cioè che il Parlamento ritiene che “Le esportazioni all’Arabia Saudita violino almeno il criterio 2 (della Pozione Comune) visto il coinvolgimento del paese nelle gravi violazioni del diritto umanitario accertato dalle autorità competenti delle Nazioni Unite; ribadisce il suo invito del 26 febbraio 2016 relativo alla necessità urgente di imporre un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita”.

Ilaria Sesana e Duccio Facchini

da Altreconomia.it

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