La Resistenza fu un atto di sovranità popolare

La-resistenzaOggi la liberazione si chiama disarmo, la resistenza si chiama nonviolenza.

L’anniversario della Liberazione cade in un complesso di vicende mondiali che riporta l’orologio della storia in un tempo dove la civiltà e le pratiche democratiche erano pesantemente oscurate.

Pertanto non sono rituali le manifestazioni che richiamano la Memoria delle lotte partigiane.

Le tragedie non sono da tenere vive solo nella memoria e non basta la retorica degli orrori che si possono ripetere, dunque non sono manifestazioni rituali quelle che l’associazione dei partigiani, attiva nei giorni della ricorrenza, come non è rituale la denuncia dei movimenti di chiara marca neonazista e neofascista che arrivano fino dentro ai governi.

Così come non è questa l’Umanità che sognavano i combattenti per la libertà osservando l’accoglienza e i trattamenti inferti ai profughi in fuga dalle guerre e dalla fame, respinti dall’Europa.

Un grido di dolore inascoltato si eleva dalle «nuove resistenze»; movimenti che in Italia e nel mondo lottano per i diritti e la giustizia «Stop war not people», le libertà e l’autonomia dei popoli: i palestinesi, i curdi, … le culture antifasciste e xenofobie,  il diritto al reddito, … fino alle lotte contro le violenze sulle donne e il diritto alla parità.

Gli eventi del 1943-45 rappresentando l’origine della democrazia repubblicana, hanno definito una linea di frattura della storia capace di conferire alle parole dei significati «pubblici» di grande carattere evocativo. Così la parola Resistenza, ha assunto il senso di un profondo moto di rinnovamento quando non di una «rivoluzione» da intendersi nei modi più diversi:politica, economica, sociale.

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