Lo scandalo degli “aiuti militari” al Sudan in chiave anti-migrazione

Sudan-aiuti-militariDa mesi si parla principalmente di economia in relazione all’Europa Unita, in particolare per mettere a nudo le contraddizioni della gestione politica di Bruxelles.

Tuttavia esistono altre zone d’ombra nel ‘governo dell’Ue’, altrettanto sconcertanti, che non vengono mai menzionate.
Tra queste, forse tra le più preoccupanti c’è quella dei cosiddetti ‘aiuti’ allo sviluppo a governi apertamente anti-democratici. Si tratta di un’espressione idiomatica che nasconde traffici di cui bisognerebbe vergognarsi. In realtà la parola ‘aiuto allo sviluppo’ spesso è sinonimo di sovvenzioni militari che hanno lo scopo di fermare i flussi migratori verso l’Europa ma che finiscono per potenziare regimi essenzialmente dittatoriali o nascondono il pagamento dei riscatti per gli ostaggi. Un disgustoso do ut des di cui il cittadino sa poco o nulla, ma che viene praticato con i soldi del contribuente.

L’ultima vergognosa proposta di un accordo di questo tipo risale all’inizio di luglio, quando la Commissione europea ha pubblicato una bozza di proposta per fornire 100 milioni di euro in aiuti alle forze armate di alcuni paesi africani: nella bozza si legge che il denaro verrà usato per bloccare migranti e rifugiati diretti prima in Libia e poi in Europa.

Un tempo questo sporco lavoro lo faceva Gheddafi ma oggigiorno è il presidente del Sudan Omar al – Bashir e la sua milizia governativa (mercenari della sua stessa tribù) conosciuta come la Forza di supporto rapido (Rsf). La Rsf non ha solo il compito di pattugliare i valichi di frontiera, fa parte dei servizi di sicurezza nazionale e di intelligence del Sudan. Alla Rsf appartengono uomini che hanno combattuto in Darfur con i Janjaweed, una milizia di tribù arabe sudanesi.

A guidarla è un ex leader delle milizie Janjaweed, il generale Mohamed Hamdan Hametti, che si è impegnato ad inviare circa 1.000 dei suoi uomini lungo il confine con la Libia per bloccare i migranti. Sia al-Bashir che Hametti sono considerati colpevoli di crimini contro l’umanità in quanto artefici della violenza genocida durante la guerra civile del Darfur. Ma nessuno è ancora riuscito a trascinarli di fronte a una giuria.

Si legge nella proposta che gli ‘aiuti militari’ dell’Unione europea potranno essere utilizzati per finanziare qualsiasi cosa, dai mezzi di trasporto per le truppe alle uniformi, alle apparecchiature di sorveglianza.
Dal 2001 al 2009, Bruxelles aveva già concesso circa 1 miliardo di euro per la gestione delle frontiere e l’applicazione delle norme relative all’emigrazione. Tuttavia, questa è la prima volta che propone di pompare denaro direttamente in una struttura militare straniera.

I primi frutti di questo accordo già sono visibili: a metà luglio la Rsf ha arrestato oltre 300 migranti diretti in Libia attraverso il deserto nel Nord del Sudan. Che fine avranno fatto? Imprigionati nei gulag sudanesi simili a quelli creati da Gheddafi solo pochi anni fa o scomparsi in fosse comuni? Le loro sono vite che non contano nulla!

Per chi ha bisogno di rinfrescarsi la memoria, in Sudan la violenza politica tra i due gruppi etnici, i “contadini” (gli “africani”) e l’altro gli “allevatori di cammelli” (gli “arabi”) è iniziata nel 1970 ed era accentrata intorno alle dispute sulla proprietà della terra e i diritti di accesso all’acqua.

La violenza è aumentata di anno in anno, e nel 1990, il governo del Sudan ha delegato la responsabilità di mantenere l’ordine pubblico a Khartoum, e nella regione circostante, alle milizie arabe Janjaweed, formate da alcuni gruppi di pastori, mettendo praticamente alla porta le forze di polizia.

Gli scontri violenti sono continuati ad aumentare finché nel 2003 il paese è piombato nella guerra civile. A questo punto, ha preso in mano la situazione il nuovo presidente Omar al-Bashir anche grazie all’appoggio di Washington, il cui emissario era niente di meno che Joe Biden, il vicepresidente del primo presidente di colore d’America, Barak Obama. Incitate da al Bashir, le milizie Janjaweed sono diventate estremamente violente attuando un programma di massacri, omicidi di massa, stupri, genocidi e facendo terra bruciata dovunque si nascondessero gli oppositori. Il genocidio del Darfur faceva parte di questo programma sanguinario.

Naturalmente Bashir, al potere dal 1989, nega le accuse mosse a riguardo del genocidio del Darfur dalla Corte penale internazionale (Icc). Interessante notare che proprio quest’anno è stato rieletto con il 94% dei voti in una votazione boicottata dai principali partiti dell’opposizione. Ufficialmente l’affluenza è stata del 46 per cento ma secondo molti osservatori l’affluenza è stata di gran lunga inferiore.

Nonostante diversi paesi occidentali, tra cui gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Norvegia, abbiamo criticato le elezioni, l’Unione europea ha reputato giusto inviare una delegazione per far visita al presidente e contrattare il nuovo accordo di sangue anti-migrazione.

La politica estera che i nostri leader conducono alle nostre spalle è un fertilizzante potente per la propaganda jihadista, una verità sulla quale è bene riflettere.

Loretta Napoleoni
Il Fatto – 31 luglio 2016

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