Migranti, tutti i numeri dell’«invasione» che non c’è.

La gestione dei migranti è una polemica a scatto fisso fra Roma e Bruxelles. O meglio, a scatto ritardato: nonostante le tensioni politiche e la sovraesposizione mediatica, l’arrivo di stranieri su scala quotidiana è diminuito di oltre 7 volte rispetto al 2016.
Un calo accompagnato, paradossalmente, alla crescita delle ostilità degli italiani al fenomeno migratorio e a una percezione distorta dell’incidenza reale di stranieri sul totale della popolazione residente.

Tra luglio 2016 e luglio 2017, secondo i dati dell’istituto Ispi, sbarcavano in Italia una media di 539 migranti al giorno. Tra luglio 2017 e maggio 2018, sotto gli effetti delle politiche dell’ex ministro degli Interni Marco Minniti, la quota era scesa a 120. Da giugno in poi si è arrivati a una media di 71 sbarchi al giorno, seguendo un ritmo ingranato ben prima dell’insediamento del governo giallo­verde e delle sue azioni politiche più eclatanti, come il blocco delle navi o le minacce a Bruxelles sul taglio ai contributi italiani al bilancio comunitario. Statistiche che non intaccano la priorità assegnata alla «emergenza migranti» sull’agenda politica delle elezioni in tutto il Continente, a partire dal voto delle europee per il 2019.

L’incontro di Milano fra il vicepremier Matteo Salvini e il presidente ungherese Viktor Orban rientra nell’ottica dell’internazionale populista che potrebbe far cartello in vista delle urne, costituendosi come sigla a sé o scalando dall’interno il Partito popolare europeo.

Il caso della Spagna e il divario tra numeri­-realtà.

L’Organizzazione internazionale delle migrazioni, un’agenzia collegata alle Nazioni unite, rileva che gli ingressi si sono quasi dimezzati nei primi otto mesi dell’anno in corso: 67.122 arrivi in Europa al 26 agosto 2018, contro i 123.205 registrati nello stesso periodo del 2017 e i 272.612 del 2016. L’Italia ha registrato il punto più basso di ingressi negli ultimi cinque anni (19.761), appena sopra gli standard della Grecia (18.529) e al di sotto della Spagna (27.994), dove gli sbarchi procedono con ritmi di crescita pari a quattro volte quelli dell’Italia. Un trend contrario a quello di Italia e Grecia, dove i flussi sono in caduta libera rispetto alla crisi di qualche anno fa.

I FLUSSI DI MIGRAZIONI IN EUROPA

I dati dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni sugli sbarchi nei primi otto mesi del 2018. Si segnala il sorpasso della Spagna su Italia e Grecia.

Madrid è alle prese con un incremento degli arrivi del +114% nel periodo gennaio­luglio del 2018 rispetto agli stessi mesi del 2017, anche se i numeri assoluti restano inferiori alle poche decine di migliaia. C’è chi ha interpretato l’exploit iberico come una conseguenza del pollice di ferro esibito dal governo italiano, ma la dinamica non è così semplice. «In realtà gli sbarchi in Spagna erano aumentati già da prima del calo di quelli in Italia, non c’è una correlazione evidente ­ spiega Matteo Villa, ricercatore Ispi ­ Quanto all’Italia, il grosso del calo è dovuto alle politiche di Minniti ed è avvenuto prima del governo Conte».

I dati ufficiali sembrano influenzare poco la percezione del fenomeno, creando una polarizzazione fra il calo degli arrivi e l’aumento dell’ostilità verso «gli invasori». Un report dell’Istituto Cattaneo, una società di ricerca, ha evidenziato che i cittadini italiani sono tra i più propensi su scala Ue a sovrastimare la presenza di stranieri in Italia. Il campione interpellato dall’istituto è convinto che i cittadini extracomunitari residenti in Italia siano pari al 25%, mentre la quota reale è di circa il 7%: uno scarto di quasi 20 punti percentuali fra sensazioni e realtà, dove le prime finiscono per schiacciare (e alterare) la seconda.
L’«errore percettivo», come viene definito nel report, aumenta in rapporto alle pregiudiziali ideologiche degli intervistati. Gli elettori di centrodestra tendono a percepire più stranieri di quanti ne siano presenti (il 32,4% della popolazione, contro il 7% effettivo), mentre gli elettori di centrosinistra fanno stime meno elevate della media nazionale. Ma comunque sbagliate: la stima è di un’incidenza di stranieri pari al 18,5% della popolazione, quasi tre volte oltre la realtà statistica (7%).

Il flop della «solidarietà europea».

Sullo sfondo c’è il fallimento, prolungato, di una cabina di regia europea per i meccanismi di solidarietà. La riforma del regolamento di Dublino, l’atto giuridico che disciplina l’assegnazione dei richiedenti asilo, è naufragata insieme alla principale ambizione italiana: ridiscutere il principio del «Paese di primo arrivo», quello che impone allo Stato di sbarco la presa in carico del migrante.

L’approdo a una nuova versione del testo avrebbe consentito di impostare uno schema di ridistribuzione più equo, aumentando le sanzioni per i paesi più riottosi all’accoglienza. Non è andata così e, negli ultimi anni, i migranti ricollocati in altri Paesi europei viaggiano su valori minimali. A luglio 2018, secondo dati della Commissione europea, l’Italia aveva redistribuito ad altri Paesi Ue un totale di 12.694 persone, rispetto alle centinaia di migliaia di sbarchi registrati dal 2015 ad oggi. Tra i Paesi di destinazione privilegiati ci sono Germania (5.436) e Svezia (1.392), fra quelli meno inclini a sostenere la ricollocazione di migranti «italiani» ci sono i Paesi del blocco di Visegrad, l’insieme di paesi dell’Est europa in dialogo con Matteo Salvini per le elezioni del 2019. Indicativo, in questo senso, il totale di richiedenti asilo smistati dall’Italia all’Ungheria di Orban: zero.

Alberto  Magnani
(da “Sole 24 ore”, 29 agosto 2018)

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