Nella memoria di una data contro la violenza sulle donne
Ogni anno in Italia oltre cento donne sono uccise da uomini, quasi sempre, da coloro che sostengono di amarle. Secondo i dati Istat, sono circa sette milioni le donne che, nel corso della propria vita, hanno subìto una forma di abuso.
Non esiste un profilo della donna-tipo che subisce violenza o dell’uomo-tipo che fa violenza. Sono stuprate e picchiate donne di tutte le età, condizione economica, sociale e culturale.
Gli uomini violenti appartengono a tutte le classi sociali e ostentano una maschera d’invincibilità e perfezione, un chiaro rimando all’idea di macho, eredità di una cultura patriarcale. Per sua natura la donna è refrattaria alla lotta, alla guerra, perché incline a dare la vita, anziché toglierla.
Due gli elementi particolarmente importanti da mettere in evidenza: il primo riguarda il problema della relazione tra violenza e sessualità e, ancora prima, il desiderio di legame affettivo e sessuale; l’altro concerne diverse questioni come il possesso, il controllo e “l’altro come proprietà”.
Ne consegue il modo di concepire il rapporto con la donna come un oggetto esclusivamente legato all’affermazione di sé.
Oggi, infatti, a dominare è una società consumista che legittima ogni relazione come consumo: così è il rapporto con la donna divenuta oggetto, … un mercato in cui si concorre a fare shopping del femminile.
Si dice: «La donna è il bene più grande che abbiamo perché dà la vita». In questa affermazione la donna viene presentata come un bene, e non come un soggetto; ed è proprio in quanto bene-merce è oggetto di scambio in un mercato di beni di consumo, fatto prevalentemente da maschi.
I modelli culturali proposti nel tempo dai media, hanno agito tanto sui ragazzi, quanto sulle ragazze che li portano a pensare che ci sia il bisogno di qualcuno, la forte mascolinità, che si fa carico della proprietà e qualcun altro invece, la donna, che deve in qualche modo diventare un possesso.
Al contempo oggi gli stessi media stanno mettendo in evidenza che, quello che tempo fa si pensava potesse fare soltanto l’uomo, alla fine può farlo anche una donna.
Questo cambio di paradigma del mito del maschio forte, superiore, viene sempre più a decadere e ciò rende la sua natura tendenzialmente insicura e violenta e la sessualità diventa l’ambito all’interno del quale confliggono le diverse consapevolezze dell’uomo e della donna, private della solidarietà necessaria a comprendersi.