Ognuno pianga i propri morti

Piangere-i-mortiSono comunque morti che hanno diritto ad una lacrima, ad un riconoscimento.

C’è chi piange i morti per il terremoto:  300  (2016)
C’è chi piange i morti sul lavoro:  1172  (2015)
C’è chi piange i morti in strada:  3419  (2015)
C’è chi piange i morti per suicidio:  4291  (2013)
C’è chi piange le morti per femminicidio:  128  (2015)

C’è chi non c’è a piangere e ricordare i migranti morti e i dispersi in mare: 239 ieri, ormai 4500 quest’anno – 1 morto ogni 42 immigrati giunti in Italia dal mare.

A volte sono contati, pochi i “pescati”, molto meno i riconosciuti.

Solo la pietà di pochi li piange, non la miseria comandata delle guerre e delle rapine che li ha costretti alla morte.

Per loro tombe innominate, fosse numerate.

Ieri, giovedì 3 novembre, il presidio mensile in P.za della Scala promosso da Milano Senza Frontiere, a ricordare i morti e i dispersi: nuovi desaparecidos.

C’è un’umanità che non ha più lacrime per il destino della vita umana; una grande indifferenza che spesso si tramuta in razzismo più o meno strisciante, fino a degenerare in quella stupidità che ignora / offusca la stessa realtà segregante dell’interesse esclusivo.

Non sono i morti a salvare la miseria del potere arrogante.
Non sono i rimpianti del passato o del futuro impossibile.

Il presente prospetta una grande responsabilità di riscatto.

Le lotte per i diritti non si vincono rimanendo soggetti separati, prigionieri della miopia “politica” della propria appartenenza o del giudizio devastante dell’impotenza.

Come dire: appartenere senza credere, credere senza appartenere.

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Può darsi che non siate responsabili della situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla. (M.L.King)

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