Per un nuovo anno
Ci sono momenti nella vita di grande significato.
Quello della fine di un anno e dell’inizio del nuovo si configura idealmente come un passaggio “significante” tra il vecchio e il nuovo, tra una storia passata e una memoria che riproduce nuova identità.
Questa fantasia di senso comune porta ad esprimere auguri, felicitazioni come fosse un invito alla pratica del nuovo.
Nella realtà quando una fine incontra un inizio si generano processi di forte conflittualità tra un passato che resiste a sè stesso e un presente desideroso di nuove aspettative.
Ci vuole grande determinazione, consapevolezza e responsabilità.
Il 2018 è stato un anno segnato dalle politiche del nuovo governo con un dato fondamentale del suo programma caratterizzato dalla violenza razzista. Una persecuzione verso i migranti ancora più pesante della legge Bossi Fini e del “pacchetto sicurezza” Maroni.
Negando il diritto di asilo, incrementando i centri di detenzione, abolendo di fatto la protezione umanitaria, … non solo si pone contro il dettato costituzionale, ma aumenta la clandestinità lasciando nella miseria persone in fuga dalle guerre e dalla povertà, abbandonandole al ricatto della malavita e al lavoro schiavista.
Una violenza che non solo alimenta odio razziale e paure, ma che con il cosiddetto “decreto sicurezza” inveisce con prepotenza contro ogni forma di contestazione, addirittura liberalizzando la possibilità di possedere un’arma di “difesa” personale.
Il nuovo anno non si aspetta auguri, piuttosto la consapevolezza di corpi e voci responsabili, persone che sappiano guardare in faccia la realtà sociale e politica per rivendicare per tutte e tutti diritto di cittadinanza e pari dignità e umanità.
La critica, per quanto aspra, non serve al cambiamento come le mille azioni che legittimano serenità e pace alle miserie e ai processi di emarginazione: serve il cambiamento reale.
Per ogni vivente il 2019 è il tempo della vita, della memoria che fa di ogni giorno il significato della propria diversità che lo vede crescere in una dimensione che condivide.
Reiterare sé stesso non è la dimensione della persona che lotta per la giustizia, il reddito, la salute. …, per una nuova, diversa speranza di vita: il diritto non è uno spazio esclusivo.
Ogni persona ha la necessità di conoscere e di prospettare nuove relazioni per credere che può vivere il proprio giorno inseguendo la conflittualità necessaria per sentirsi libero (liberarsi) dai condizionamenti: è resistere ai significati perversi che limitano e precludono nuove attese.
Questo è il nostro tempo.
Il 2019 può essere un anno dissacrante la normalità plagiata e confusa dall’apatia e dall’indifferenza: ritualità soggettuale priva di oggetto.
Gran parte dell’umanità è declassata, frammentata in fuga alla ricerca di un asilo.
“Presi dal furore polemico, della paura del vuoto non ci si avvede dei propri limiti che sono esattamente quelli che gli uni contrappongono agli altri” (Azzariti)
Voci moleste che circuiscono le volontà anche quando i corpi sorridono.
Una storia come un non luogo da riscattare alla memoria per non restare idioti inconsapevoli nella banalità del senso comune.