RESILIENZA
Il suggerimento arriva da un articolo di Marco Bersani (Attac-Italia) “Rimaniamo a casa, ma non rimaniamo in silenzio” postato anche qui sul sito di Dimensioni Diverse che suggerisce di riflettere su una realtà “virale” che sta mettendo a nudo tutte le ipocrisie, i limiti e le ingiustizie di un sistema esclusivo basato sui rapporti concorrenziali interni al mercato globalizzato.
Molti tra gli intellettuali hanno scritto e scrivono che “Tutto non sarà più come prima”.
Personalmente non so se questo sarà vero, ho qualche dubbio se osservo quello che sta avvenendo dentro una indubbia “crisi” che pure attraversa il corpo fisico e sociale.
Non faccio solo riferimento ad una indubbia indeterminatezza della politica, quanto ai parametri aggressivi ed espansivi oltre che discriminanti dell’economia e di una sempre più invasiva quanto speculativa dell’attività finanza.
Inoltre perché non ci sono “forze” in campo capaci di prospettive politiche diverse se non manifestazioni diffuse di solidarietà umane e/o civiche che tuttavia spesso non stimolano politiche di cambiamento.
Credo che la domanda politica che ci viene posta in questo frangente di indubbia crisi di sistema, sia di approfondire le conoscenze degli elementi che persistono dentro ad essa.
Se di fronte a pericoli o a situazioni di miseria e di emarginazione è indispensabile agire con la massima solidarietà, come già in diversi campi si riscontrano molte sensibilità umane, è oltremodo indispensabile promuovere una forte critica sulla natura politica che sostanzia l’azione solidale per non fuorviare sé stessi e la stessa “politica” necessaria al cambiamento.
Esperienze senza politica
Dove sta l’umano, la sua razionalità intelligente capace di permeare di significati, di giustizia e di libertà la dignità dell’essere?
Certo, ora è il momento della grande pandemia, delle gravi preoccupazioni e dei doverosi appelli istituzionali, misure di accortezze per evitare il contagio: la vita è una cosa seria ed è la vita di tutte e di tutti.
Ciò che è importante rilevare è il contagio asintomatico che resta la sindrome di una vita, spesso esasperata dalle sintomatologie di una società mercantile che aliena e assoggetta le volontà al piacere delle cose, che disarma le volontà di fronte alla supponenza di un potere imponderabile quanto l’insicurezza di condizioni di precarietà che si defilano dalla proprietà dell’essere e diventano miseria, paura.
I mercati globali hanno il loro “vizio virale” dell’interesse esclusivo; un’anima arrogante, speculativa che non si piega alle miserie umane: amuchina, mascherine, la finanza, il petrolio, … soprattutto quando un caccia F35 costa quanto 7000 ventilatori polmonari.
Mercati che per mantenere il loro potere sulla loro globalità spendono ogni anno circa 1850 miliardi di dollari per spese militari.
Mentre l’Italia, che pure spende oltre 25 miliardi di euro per la “difesa”, si presenta come una colonia sulla quale insistono 114 basi militari Usa e Nato, e ben 137 fabbriche di armi a servizio dell’industria bellica.
L’ipocrisia virale del liberismo, come del populismo politico, lamentano gli effetti devastanti di una politica sanitaria mirata all’efficienza del privato e ora, loro stessi, denunciano le incongruenze dei tagli alla sanità pubblica, i mancati investimenti e l’insufficienza del servizio pubblico chiamato a dare risposte certe.
Da molti anni conosciamo la presenza nei nostri corpi alienati da virus acclarati che corrodono e sono mortali perché di loro si è persa coscienza.
Non riuscendo a fare nulla si agisce l’arroganza del bene per sé, compiacenti delle piccole risonanze che tacciono il peso disumano di un’economia di guerra, di fantasmi finanziari che speculano nelle borse e nelle tasche degli affaristi che li alimentano.
Ha poco serve la “misericordia” per i bambini massacrati dalle bombe e dalla miseria;
a nulla serve sdegnarsi per le moltitudini di persone costrette alla fuga dalle devastazioni delle guerre di assoggettamento per poi morire alle frontiere democratiche;
e poco efficaci risultano le proteste contro le grandi “schiavitù” poste in essere in Palestina come in molti altri paesi dai poteri imperiali, dai governi dittatoriali.
Non ci sono limiti all’arroganza e alla perversione delle cosiddette democrazie occidentali, invasive sulle autonomie popolari come sui loro territori, sempre disponibili ad alleanze con le forze del terrore e con i totalitarismi violenti e fascisti.
Nessuna ribellione, solo una grande assuefazione e indifferenza alimentate magistralmente da demagoghi populisti e razzisti che con supponenza agitano “paure” verso ogni forma di diversità.
Accanto a vocaboli come razzismo, omofobia, misoginia, … sempre più prende corpo e significato, la parola sovranismo a sancire in maniera quasi sintomatica la natura di cui si fanno carico tutte quelle persone che si ergono garanti esclusivi della propria dignità.
Abbiamo bisogno prima di tutto di “partire da sé”, come spiega Lea Melandri, quale “fondamento di ogni agire politico che voglia produrre duraturi cambiamenti”.
Sono stati prima di tutto i movimenti delle donne a mettere al centro della politica i corpi, a rifiutare i deliri di onnipotenza, a parlare del tema della cura.
Riflettere sul passato per ridare memoria al presente, è uno dei modi per attivare circuiti differenti per la produzione di storie e la riproduzione di corpi per generare le ragioni politiche di un futuro altro.
Una visione può ancorare la speranza per un diverso mondo possibile: a significare la vita è la Terra madre “che non ingloba ma accoglie, che cura la fragilità e lascia fiorire le differenze”: diffondere il ciclo della vita senza che essa sia prestabilita.