Un impegno per il 2017: scartavetrare il razzismo

NO-razzismoIl razzismo è una novità?
Bisogna espellere i clandestini! L’immigrazione alimenta il terrorismo, dobbiamo difenderci! Basta accogliere i finti richiedenti asilo! Stop all’invasione! Prima gli italiani! Aiutiamoli a casa loro! I profughi sono privilegiati nell’accesso al mercato del lavoro e al welfare!

Il 2016 ci consegna un linguaggio pubblico, politico e mediatico, all’interno del quale sono definitivamente sdoganati frasi, atteggiamenti, posizioni e proposte apertamente razziste.
Questa crescente violenza lessicale e ideologica ha alimentato numerosi episodi di violenza materiale, individuale e di gruppo.

Le argomentazioni di tipo politico, giuridico, statistico, economico, storico e sociale non riescono ad arginare lo sviluppo di stereotipi, accuse e insulti nei confronti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati.

L’idea di contrapporre la verità dei fatti alla mistificazione razzista non è stata finora un’operazione di successo. Le accuse che vengono agitate nei confronti degli immigrati sono, evidentemente, degli imbrogli lessicali e delle calunnie. Ma la razionalità e la logica non hanno rappresentato, finora, strumenti utili ad arginare l’intolleranza.

Molto spesso questa narrazione razzista finisce per essere catalogata sotto le voci populismo e demagogia. In sostanza, per l’approccio dominante all’interno delle forze antirazziste, la dilagante e trasversale narrazione dei migranti come pericolo per la società rappresenterebbe uno spauracchio, agitato strumentalmente dalle varie forze politiche per finalità di consenso elettorale.

Un’analisi di questo tipo si è rivelata largamente insufficiente: non riesce a cogliere quali sono le radici profonde che legano i discorsi razzisti alla storia nazionale.

Scartavetrare
Se l’obiettivo è combattere il razzismo, è necessario dotarsi della prospettiva più utile per comprendere, in maniera adeguata, il fenomeno. Indignarsi per la violenza lessicale e ideologica alla quale i migranti sono esposti non basta: non è stato finora un argine efficace, e non lo sarà in futuro.

Come nascono gli stereotipi che attraversano e organizzano il dibattito pubblico sull’immigrazione? Rappresentano un fenomeno episodico, contingente, legato alle esigenze di propaganda politica, o si fondano su elementi strutturanti della società, della politica e della storia del nostro paese? Esiste un razzismo dal basso?

Può, forse, essere utile immaginare il dibattito pubblico, e la società nel quale si configura, come un pezzo di legno dalle forme irregolari, dal quale sorgono schegge, spine, escrescenze.

Queste fastidiose irregolarità rappresentano la parte finale e visibile di un fenomeno più complesso, più articolato, saldamente ancorato alla parte sottostante.

La violenza lessicale razzista, con i suoi discorsi d’odio, può essere letta proprio in questi termini: è una spina che emerge dalla società, ed è saldamente ancorata ad essa. Abbiamo ogni giorno davanti un razzismo di superficie, facilmente riconoscibile e raccontabile. Scartavetrando le schegge, asportando le spine, livellando le escrescenze è possibile individuare le radici profonde dalle quali prende forma: una sorta di razzismo di profondità.

Francesco Ferri
gennaio 03, 2017

da Melting Pot Europa

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